PSICOLOGIA - L'INFLUENZA SOCIALE E IL COMPORTAMENTO MALVAGIO

La psicologa sociale ha indagato il fenomeno dell'influenza sociale, ovvero l'influenza che un gruppo di individui, una maggioranza o un'autorità riconosciuta come tale, esercita nei confronti di un singolo soggetto.

 

Solomon Asch (1907-1996), psicologo statunitense di origine polacca, compì negli anni Cinquanta esperimenti sul conformismo, cioè quella tendenza dell'essere umano di uniformarsi alle opinioni di un gruppo.

Asch voleva studiare quanto l'influenza sociale incidesse sul conformismo e capire se fosse dettato da fattori razionali.

Nel suo esperimento più famoso osservò la tendenza al conformismo in un gruppo, composto da sette collaboratori e un soggetto sperimentale a sua insaputa. 

 

Agli studenti veniva chiesto di individuare quale delle linee presentate fosse uguale a una linea campione posta di fianco.

Ogni soggetto dava la sua valutazione a voce alta, di fronte agli altri partecipanti, e i collaboratori erano stati istruiti a fornire la risposta sbagliata. Il soggetto sperimentale si trovava quindi a dover scegliere se dichiarare il suo disaccordo, fornendo la risposta esatta, contro il parere della maggioranza o adeguarsi ad essa, contro ogni evidenza.

Asch sostiene che il soggetto si trovava a fronteggiare un conflitto acuto tra l'evidenza percettiva e il consenso maggioritario.

 

I risultati, pubblicati tra il 1951 e il 1956, mostravano che un terzo delle risposte dei soggetti corrispondeva alle valutazione della maggioranza e il 76% dei partecipanti almeno in uno dei test si era adeguata ai giudizi del gruppo. L'esperimento dimostrò quindi la nostra sensibilità alle influenze sociali. 

Quando il soggetto era fiancheggiato da un complice che rispondeva correttamente o in modo diverso dal gruppo, la tendenza al conformismo scendeva. Il fattore decisivo era la rottura dell'unanimità.

La ricerca di Asch nasceva dall'esigenza di affermare la tesi della natura razionale dei fattori che spingono i soggetti di un gruppo a elaborare risposte convergenti tra loro, di fronte a un compito comune.


Lo psicologo ha individuato alcuni fattori che incidono sul grado di conformità al gruppo:

- la dimensione del gruppo= il massimo della conformità si raggiunge quando è composto da almeno tre persone;

- l'interazione futura= il soggetto si adegua maggiormente se ritiene che in futuro manterrà i rapporti;

- l'ambiguità dello stimolo= la tendenza a conformarsi aumenta se lo stimolo non è chiaro;

- l'attrazione verso il gruppo= il soggetto si uniforma maggiormente se vuole essere parte del gruppo.

 

Il conformismo delle opinioni è anche dettato:

- dall'influenza dell'informazione (conformismo informazionale, per guadagnare sicurezza);

- dall'influenza delle norme (conformismo normativo, per non essere escluso dal gruppo). 

 

Altri fattori che lo incentivano sono il rinforzo, quando certe risposte vengono premiate, e lo status sociale: i soggetti di status medio mostrano un'alta tendenza al conformismo al fine di conservare il proprio livello di accettabilità. Le persone con uno status più basso o più alto possono permettersi più libertà.

 

La tendenza a uniformarsi alle idee del gruppo è legata all'autostima e all'autoefficacia: se si dubita delle proprie capacità ci si appoggerà agli altri.

È una risposta a bisogni psicologici di approvazione e di sicurezza, che il soggetto non riesce a colmare attraverso le proprie risorse personali, ritenendo idee e comportamenti del gruppo più validi dei propri.


Nel 1961-62 si svolge a Gerusalemme il processo ad Adolf Eichmann, accusato di crimi contro il popolo ebraico, contro l'umanità e di guerra sotto il regime nazista. 

Hanna Arendt (1906-1975), filosofa tedesca, scrive le sue riflessioni riguardo al dibattito in un'opera che intitola "La banalità del male".


il male incarnato da Eichmann è banale in quanto egli era solo un burocrate teso a svolgere il proprio lavoro



Stanley Milgram (1933-1984), negli stessi anni, avvia i suoi esperimenti sull'obbedienza all'autorità, convinto che essi possano aiutare a comprendere i meccanismi psicologici sottesi al comportamento dei criminali nazisti.

Milgram ha mostrato che una persona sana e ben adattata socialmente, può arrivare a commettere azioni crudeli sulla spinta dell'influenza del contesto sociale.

Nell'opera Obbedienza all'autorità egli scrive "l'obbedienza è uno degli elementi fondamentali della struttura della vita sociale". Molti dei crimini più atroci della storia sono stati compiuti sotto la spinta all'obbedienza a un'autorità riconosciuta. 

 

Lo studio è realizzato presso l'Università di Yale su più di mille soggetti mescolati con dei collaboratori. I partecipanti venivano divisi in "insegnanti" e "allievi".

L'esperimento viene presentato come uno studio sugli effetti della punizione sull'apprendimento: gli allievi imparano una lista di associazioni verbali a memoria e quando sbagliano l'insegnante li punisce con una scossa elettrica via via più forte.

L'obbiettivo era capire fino a che punto si sarebbero spinti i soggetti senza ribellarsi all'autorità.

Circa il 65% dei partecipanti porta a termine l'esperimento nonostante la manifestazione di dubbi e perplessità.

Le conclusioni di Milgram sono che persone "normali", occupandosi solo del loro lavoro e senza nessuna particolare aggressività, possono rendersi complici di un processo di distruzione, anche avendo le risorse necessarie per opporsi.

 

Questo comportamento è determinato da altri fattori:

- la buona educazione;

- l'impegno a mantenere la promessa di collaborare con la sperimentazione;

- la vergogna di tirarsi indietro.

 

Il soggetto mette in atto una serie di meccanismi di adattamento per affrontare il conflitto tra la spinta all'obbedienza e quella alla ribellione:

- si concentra sugli aspetti teorici della sua attività, e non sugli effetti;

- delega all'autorità la responsabilità delle sue azioni;

- attribuisce all'esperimento qualità impersonali, indipendenti dalle intenzioni umane.

Anche un elemento contestuale, come la distanza dalla vittima e la vicinanza dell'autorità, favoriscono il proseguimento dell'esperimento.


Philip Zimbardo (1933), psicologo statunitense, nel 1971 effettua una ricerca, presso l'Università di Stanford, all'interno della quale ricostruisce un ambiente carcerario

Recluta 24 maschi, scelti tra persone in buone condizioni psicofisiche e prive di precedenti penali

Divide gli uomini in due gruppi e li assegna un ruolo: prigionieri e guardie, a entrambi fornisce l'occorrente per la creazione di un contesto che sembri più reale possibile, insieme all'inserimento di alcune regole.

 

Già al secondo giorno le guardie iniziarono ad assumere un comportamento troppo duro e i carcerati a ribellarsi. Al quinto giorno l'esperimento viene sospeso perchè gli effetti sui prigionieri cominciano ad essere troppo pesanti.

L'esperimento dimostra che nel carcere i comportamenti brutali e violenti dei prigionieri e delle guarde non sono l'effetto di caratteristiche personali disfunzionali, ma dipendono dalle peculiarità del contesto.

la situazione in cui i soggetti sono inseriti influenza il loro comportamento


Piero Bòcchiaro evidenza il ruolo delle istituzioni totali in questo fenomeno, cioè un luogo all'interno del quale si viene isolati rispetto alla società.

 

Zimbardo evidenzia un processo di deindividuazione per cui l'individuo si spoglia della sua identità e la sua condotta è dettata da norme situazionali, ovvero relative al contesto in cui opera.

Questo processo è favorito dalla minore consapevolezza di sé e dalla riduzione delle responsabilità, portati dall'identificarsi integralmente col proprio ruolo, così che i centri emozionali del cervello prendono il sopravvento, dando libero sfogo agli impulsi libidici e a quali aggressivi.

I comportamenti legati a tali impulsi sono favoriti dal processo della deumanizzazione, che porta a considerare una certa categoria di individui come non appartenenti alla sfera umana, giustifica quindi le azioni crudeli nei loro confronti. È la conseguenza di un meccanismo di esclusione sociale.

Un esempio di questo meccanismo è la campagna denigratoria nei confronti degli ebrei prima della seconda guerra mondiale.


Altri studiosi sottolineano, non la perdita d'identità personale nelle condotte distruttive, ma l'acquisizione di un'identità sociale, basata sul riferimento al gruppo e alle sue norme.

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conformismo al gruppo

 

Urie Bronfenbrenner crede che l'adesione a ruolo sia il fattore fondamentale nella modificazione del comportamento, sforzandosi di interpretarlo nel modo migliore.


Alla base delle atrocità collettive si trovano fattori di tipo storico, economico, politico e sociale.

La psicologia, tenendoli in conto, ha cercato di capire i meccanismi psicologici sottesi a quei comportamenti.

Gli esperimenti precedenti hanno messo in discussione le spiegazioni “disposizionali”, cioè quelle che prendono in considerazione prevalentemente le caratteristiche individuali dei soggetti. 

 

Zygmunt Bauman (1925-2017), sociologo e filosofo polacco, ha elaborato invece spiegazioni di tipo “situazionale”.

Egli riprende gli studi di Milgram spostando l’attenzione dall’attore sociale alla situazione, ovvero alle forze che portano gli individui in una dato contesto ad agire in modo ostile verso altri.

Secondo questa prospettiva la Shoah non è interpretata come la conseguenza di comportamenti psicopatologici da parte di un gruppo, ma si evidenziano altri fattori come la struttura e l’organizzazione della società, i meccanismi di interazione e di influenza sociale funzionali al raggiungimento di finalità economiche e politiche

 

Un elemento analizzato è, per esempio, l’esclusione morale: attraverso la propaganda, gli ebrei e altre categorie etniche e sociali furono denigrati fino a rappresentare un outgroup, il nemico comune da combattere.

Inizialmente furono emarginati dal mondo sociale, per poi essere imprigionati nei campi di concentramento dove finirono per non essere più soggetti psicosociali: prima di essere uccisi venivano annientati dal punto di vista umano, attraverso forme estreme di degradazione e deumanizzazione.

favoriti dalla deindividuazione

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