Dopo l'unità d'Italia i governanti dell'Ottocento si trovarono di fronte alla necessità di dar vita a una cittadinanza comune.
Per questo il ruolo della scuola e dell'esercito furono fondamentali: la prima associava l'istruzione ai sentimenti patriottici, il secondo permetteva di entrare in contatto con giovani di diverse regioni.
Ogni esperienza civile era ispirata alla sacralità della monarchia.
Il modello della società alfabeta era già iniziato dal XVI secolo, ma solo il XVII secolo si era verificata una decisa accelerazione in tal senso, soprattutto nei paesi del Nord Europa.
Il primo censimento nazionale documentò l'ampiezza del fenomeno dell'analfabetismo, circa 17 milioni di italiani contro i 6 milioni capaci di leggere e scrivere.
Nel 1901 gli analfabeti costituivano ancora circa il 50% della popolazione.
I vincoli di obbligatorietà con cui lo Stato procedette alla scolarizzazione erano dovuti alla crescente consapevolezza del rapporto tra saper leggere, scrivere, contare e l'evoluzione economica, sociale e civile.
La lotta all'ignoranza dovette scontrarsi con difficoltà di ogni genere:
- l'arretratezza economica;
- la povertà delle popolazioni;
- gli squilibri territoriali nella distribuzione delle scuole;
- l'indifferenza dei genitori;
- l'ostilità da parte del clero e della classe dirigente.
alfabetizzazione→ molteplicità dei processi con cui ci si impadronisce del leggere, scrivere e contare
scolarizzazione→ frequenza della scuola
Il modello della scuola ottocentesca è diverso da quello dei secoli precedenti perché legato alla frequenza obbligatoria e gestito da personale laico; diventa funzione dello stato.
La scuola elementare venne ordinata come un unico tipo di scuola, sia per una continuazione degli studi sia per un percorso più breve.
La diffusione dell'istruzione fu uno degli strumenti attraverso cui lo Stato liberale rafforzò la sua influenza sulla società, lottando contro i particolarismi e le superstizioni tradizionali.
Uno degli aspetti più innovativi, dei decenni successivi all'unificazione, fu la scolarizzazione femminile, anche se le conoscenze a loro insegnate rimanevano più approssimative rispetto al bagaglio tecnico maschile.
Raramente le ragazze proseguivano gli studi oltre la scuola elementare, se non orientandosi verso piccoli mestieri, nel migliore dei casi la professione di maestra.
Tra Ottocento e primo Novecento si moltiplicarono le iniziative per la scolarizzazione anche degli adulti.
Una delle più significative fu l'istituzione delle scuole per soldati, le "scuole reggimentali", che si diffusero rapidamente dal 1868 e venne introdotto l'obbligo di frequenza nel 1872.
Altri luoghi dell'educazione adulta furono le scuole serali e festive, spesso gestite dalle stesse maestre e maestri che la mattina insegnavano ai bambini. Queste scuole erano finanziate in genere da benefattori e filantropi.
Le nuove forme di produzione industriale richiedevano competenze più avanzate della sola forza fisica. Per questo aprirono apposite scuole sostenute dagli stessi imprenditori.
Ciò avvenne, anche se in misura meno rilevante, pure in campo agricolo con l'istituzione di scuole tecniche agrarie.
Particolarmente attive furono le Società di Mutuo Soccorso, soprattutto fra artigiani e operai. I loro scopi erano provvidenziali (assicurare i lavoratori contro gli infortuni e garantire loro la pensione) e rivendicativi (come dei sindacati).
Queste scuole puntarono a stimolare una mentalità fondata su un rapporto stretto fra il lavoro manuale e le cognizioni tecniche-scientifiche.
Il riferimento alla tecnica poggiava su una visione laica dell'esistenza.
I cattolici invece reagirono alla connotazione areligiosa o apertamente anticlericale di molte iniziative avviandone molteplici loro stessi.
Essi non tradussero il loro antistatalismo in opposizione all'idea di una nazione italiana, si impegnarono piuttosto a difendere l'idea di una "Italia cattolica".
Anche le figure educative subirono importanti trasformazioni. La principale fu rappresentata dal costituirsi della moderna figura del maestro elementare.
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