A partire dal XIX secolo crebbe l'interesse verso l'infanzia e la sua educazione, attraverso pedagogia e medicina.
Dopo il 1815 si verificò un notevole aumento della popolazione e l'accresciuto numero di bambini comportò l'aumento di fenomeni quali accattonaggio (chiedere l'elemosina) e vagabondaggio infantili, abbandono dei figli, estrema povertà delle famiglie.
Nella aree in cui si sviluppò la prima industria comparve anche il lavoro femminile extracasalingo, che costringeva le donne a trovare forme di assistenza per i figli e il lavoro minorile. Entrambi fenomeni negativi per i bambini.
Perciò nacquero in questo periodo, in Europa, molte iniziative educative e assistenziali, insieme alla moltiplicazione delle scuole infantili.
Robert Owen (1771-1858), industriale e filantropo inglese, nel 1816 fondò una delle prime iniziative scolastiche in Scozia.
Sul suo esempio furono aperti a Londra i Westminister free day infant asylum, scuole il quale programma fu raccolto e riscritto all'interno di un manuale (1823) grazie a Samuel Wilderspin (1792-1866).
Successivamente in tutta Europa si registrò una forte attenzione verso la prima età della vita.
Ferrante Aporti (1791-1858) fu il principale pedagogista infantile italiano.
Nel 1828 aprì una scuola per bambini dai due anni e mezzo ai sei, che fu ben presto nota in Italia e presa a esempio. Nel 1833 fu concessa la frequentazione anche alle bambine.
Elaborò una vera e propria pedagogia dell'infanzia nel Manuale di educazione ed ammaestramento per le scuole infantili (1833), successivamente integrato da altri scritti.
Il nome di Aporti fu assunto dai patrioti liberali a modello del rinnovamento pedagogico e scolastico.
Aporti ripose molte speranze nella formazione precoce dei bambini piccoli. A suo avviso molte delle difficoltà incontrate nelle classi elementari erano causate da una mancanza di un'adeguata preparazione prescolastica e familiare.
La lettura del manuale di Wilderspin lo influenzò nella creazione di un'anticipazione della scuola elementare. Il programma voleva garantire una buona assistenza materiale, intellettuale, morale e fisica dei bambini.
Sia Aporti, sia Wilderspin attribuirono importanza all'insegnamento religioso posto alla basedell'educazione morale, all'esercizio fisico sottoforma di gioco, valorizzarono la capacità imitativa dei bambini con modelli esemplari e avevano simili contenuti dell'apprendimento.
Aporti si differenziava però per un uso della lingua più attento e per l'insistenza sulla pulizia e cura del corpo, dei vestiti e sull'alimentazione. Egli escudeva del tutto le punizioni, ma non i castighi come ammonimenti, privazione del gioco e isolamento temporaneo.
La sua proposta di un'apposita istituzione educativa per l'infanzia fu agli inizi dell'Ottocento fortemente innovativa. Questa tesi fu sostenuta da movimenti progressisti, liberali e del clero più sensibile verso l'educazione del popolo.
Il modello di Aporti cominciò a declinare verso l'ultima parte del secolo, sostituita da nuovi metodi educativi più attenti alle esigenze psicologiche del bambino e in linea con lo sviluppo della scuola elementare.
Friedrich Willhem August Fröbel (1782-1852) fu un pedagogista che cominciò a riconoscere l'infanzia non solo come un'età dedicata all'alfabetizzazione e custodia, ma anche all'apprenedimento attraveso il gioco non condizionato dalle regole della vita adulta.
Secondo la sua visione del mondo la natura è guidata da una forma d'intelligenza immanente che regola forma ed evoluzione delle cose. Essa si riscontra nelle cose materiali e nel loro opposto, ovvero l'espressione del genio letterario e artistico. L'uomo è visto come legato e parte della natura.
Nel 1840 dette al suo istituto in Germania il nome di Kindergarten, "Giardino d'infanzia".
Nel suo saggio Proggetto d'un piano per fondare e realizzare un giardino d'infanzia esalta l'opera educativa della donna e l'amore per i bambini, sostenuto dal rispetto della crescita naturale.
Secondo Fröbel lo scopo dell'educazione era è la conoscenza della natura in modo da realizzare un'unità. L'educazione è un sostegno all'autorelizzazione personale e la possibilità di sperimentare il senso divino nella realtà della natura.
Egli rifiuta la teoria della tabula rasa e riprende l'idea del bambino di Rousseau come "piccoli animali a cui dare tempo e spazio così che crescano secondo le leggi operanti in ciascuno". Su ciò basò la sua proposta di educazione infantile nei termini di un "giardino".
Concepiva il gioco come l'attività che permetteva al bambino di crescere secondo i suoi ritmi e di cogliere in maniera intuituiva l'essenza della realtà; il baricentro dell'educazione.
Favorisce l'espressione in maniera creativa in stretto rapporto con il linguaggio. Su queste basi sviluppò l'idea dei "doni" (Geschenke), cioè di giocattoli dotati del potere simbolico di far intuire al bambino le leggi che regolano il mondo.
I doni furono pensati secondo una logica sequenziale:
- la palla elastica per attività pratiche alternate alla recita di poesie e canti;
- la sfera e il cubo di legno per dimostrare la possibile armonia che governa anche ciò che è
apparentemente contrario (forma instabile e forma piana);
- il cubo diviso in altri otto piccoli cubi.
Così di seguito con altri oggetti.
Lo scopo era quello di permettere al bambino di manipolare oggetti grandi e piccoli e di introdurlo progressivamente al lavoro manuale.
Il progetto di fröbeliano ebbe inizialmente scarsa fama perchè ritenuto troppo innovativo, poco a poco si diffuse però in Europa e negli Stati Uniti.
Le sue esperienze concrete aprirono nuove strade all'educazione infantile ed influenzarono i pedagogisti di primo Novecento.
L'attenzione per una giusta educazione fu posta anche verso i fanciulli soli o abbandonati, soprattutto per ragioni di ordine pubblico, in quanto l'aumento della popolazione giovanile spingeva le masse a spostarsi dalle campagne alla città.
Molti si attivarono per creare apposite iniziative assistenziali ed educative sia in campo religioso, sia in campo laico con le iniziative dei gruppi mazziniani e della massoneria.
Gli obbiettivi erano diversi: il mondo cattolico voleva portare alla salvezza dell'anima, quello laico puntava sulla valorizzazione delle potenzialità personali.
Si parla di "pedagogia povera" perchè le pratiche educative non erano sostenute da una vera e propria elaborazione pedagogica, ma erano predisposte in modo pratico, così da rispondere alle esigenze dei ragazzi.
Nel totale l'interesse generale prevaleva su quello personale, l'insegnate era il modello principale ed era diffuso l'utilizzo di premi e castighi.
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