SOCIOLOGIA - Donne, razza e classe

 
Angela Davis, in un saggio scritto e pubblicato mentre si trovava in prigione, nel 1971, e che costituisce il nucleo originario di Donne, razza e classe, spiega le motivazioni principali che la spinsero a intraprendere uno studio storico della condizione delle donne afroamericane durante lo schiavismo.
 
Davis si proponeva un duplice obiettivo:  
 
- sfatare il mito del matriarcato nero, in base al quale le donne nere avrebbero beneficiato di un potere maggiore rispetto agli uomini durante lo schiavismo. 
 
Mostra come le condizioni proprie della schiavitù rendessero impossibile l'esercizio di potere o autorità da parte delle donne e come comportassero loro anche forme specifiche di oppressione e sfruttamento, incluso lo stupro sistematico da parte degli schiavisti bianchi.
 
- intendeva mettere in luce il ruolo dimenticato delle donne nere nelle ribellioni contro lo schiavismo e nel movimento abolizionista, sfatando nuovamente il mito del matriarcato nero in base al quale le donne sarebbero state più acquiescenti degli uomini e meno propense alla resistenza e alla lotta.
 
 
La speranza di Davis era che il movimento di liberazione nero ripensasse il processo di liberazione dall'oppressione razziale come al tempo stesso liberazione delle donne dall'oppressione di genere.
 


Propone anche una critica dei limiti fondamentali del movimento femminista americano,
attraverso la ricostruzione della collaborazione tra il movimento suffragista e il movimento abolizionista e delle successive tensioni tra un movimento femminista prevalentemente bianco e la lotta delle donne nere.
 
In particolare ciò che emerge è la persistente cecità del movimento femminista americano rispetto alle differenze di esperienze e conseguentemente di politicizzazione tra donne bianche e donne afroamericane.
 
 
In generale, una delle lezioni principali che il volume si propone di dare è che qualsiasi movimento di liberazione, per essere realmente universalista, deve conoscere e tenere in conto la storia e la stratificazione di esperienze dei diversi soggetti in gioco. 
 
 

Come rivelato dal titolo, l'analisi dei rapporti di classe svolge un ruolo fondamentale all'interno della ricostruzione offerta. Davis adotta un approccio marxista riguardo alla questione del rapporto strutturale tra capitalismo americano e oppressione delle donne di colore

 

Donne, razza e classe ci invita ad abbandonare i presupposti e le analisi basate su un soggetto "donna" presuntamente omogeneo, emergente da una storia di oppressione comune e condivisa.
 
Vuole dunque analizzare e tenere in conto come le identità di genere non siano mai neutre dal punto di vista razziale e come l'oppressione di genere assuma forme diverse a seconda dell'identità etnica, religiosa o razziale.
 
 
Si tratta infine di tenere presente come la complessità di questi fenomeni sia strettamente connessa alle dinamiche del capitalismo e alla sua riorganizzazione della sfera della riproduzione sociale.
 
non esiste femminismo senza lotta di classe e anticapitalista
 
 
 
In un contesto sociale e politico profondamente modificato rispetto a quello a cui il libro si riferisce, Davis ci porta a ripensare il femminismo contemporaneo come una forza di trasformazione sociale e politica all'altezza della crisi economica, sociale, política e ambientale che stiamo attraversando.





INDUSTRIALIZZAZIONE

L’ideologia della femminilità odierna può essere definita come un sottoprodotto del processo di industrializzazione: le donne cominciano ad essere percepite come estranee alla sfera produttiva.

La spaccatura tra la casa e l’economia pubblica confermò l’inferiorità sociale della donna, che diventa sinonimo di “madre” e “casalinga”.

Molte mansioni economiche delle donne furono assorbite dal sistema di produzione industriale, erodendo il loro prestigio nelle case basato sul lavoro produttivo (prima l’economia era centrata sull’abitazione e sui campi).


quando la produzione uscì dalle case per spostarsi nelle fabbriche, l’ideologia della femminilità cominciò a innalzare le figure figure ideali della moglie e madre

Le donne bianche invocavano spesso la metafora della schiavitù quando cercavano di denunciare la propria oppressione.

 

FAMIGLIE NERE

Nei campi donne e gli uomini neri non avevano differenze a livello di forza lavoro, erano entrambi schiavi, inferiori per classe e razza.

Le donne avevano in più la disuguaglianza causata dal loro genere da sopportare. Stupri e molestie erano quotidiani, la maternità era poi un enorme problema.

Le ragazze erano meno costose sia come merce sia come mantenimento, quindi venivano preferite dagli schiavisti, che le obbligavano a essere maschili quanto gli uomini. Anche per questo motivo la figura femminile nera era così diversa.

 

Razzismo e sessismo venivano spesso utilizzati uno per alimentare l'altro.

Gli schiavisti contribuirono a una definizione della famiglia Nera come una struttura biologica matrilocale (forma di famiglia matriarcale). Questo perchè, ad esempio, per i figli si omettevano i nomi dei padri e si adottava il principio del partus sequitur ventrem (cioè il bambino segue la condizione della madre; anche perché molte volte i padri erano i padroni).

Daniel Moynihan, ex senatore degli Stati Unti, dette la colpa dell’oppressione razziale all’assenza di un autorità maschile all'interno delle famiglie Nere.

 

Al contrario, Herbert Gutman, in The Black Family in Slavery and Freedom (1976), scrive di un’istituzione familiare che, nel corso della schiavitù, era stata capace di difendere la propria vita, nei margini di autonomia che riuscivano a conquistarsi, contraddicendo l’ideologia dello schiavo come selvaggio.

Alla vita domestica si dava un’importanza esagerata nella socialità degli schiavi: era l’unico spazio in cui potevano sentirsi esseri umani.

All’interno della vita comunitaria e familiare, i Neri hanno trasformato un’uguaglianza negativa (l'oppressione) in una positiva (egualitarismo nelle relazioni sociali).

 

DIRITTO DI VOTO


Durante il periodo post bellico, si è iniziato a parlare della possibilità di concedere il diritto voto agli uomini Neri. Sarebbe avvenuta dunque prima della sua concessione alle donne.

Elizabeth Cady Stanton, una delle principali leader del primo movimento femminista statunitense, sosteneva che in quel momento i Neri fossero arrivati allo stesso livello sociale delle donne bianche, mancava solo il diritto di voto ad entrambi.


concepiva un’idea sessista dare il voto agli uomini Neri e non alle donne

 

Questa citazione è un esempio della cecità del movimento femminista di fronte al problema del razzismo. Le loro condizioni della popolazione nera erano infatti terribili: venivano uccisi per strada da teppisti e avevano enormi difficoltà economiche.

 

SFRUTTAMENTO ECONOMICO E OPPRESSIONE

I vari congressi riguardanti la condizione femminile si concentravano sulla situazione in cui erano le donne della classe media, senza tenere in conto operaie e la particolare posizione delle Nere.

Le leader del movimento per i diritti delle donne non avevano il sospetto che ci potesse essere un legame sistemico tra la schiavitù, lo sfruttamento economico e l’oppressione sociale femminile.

Razzismo, classismo e maschilismo si fortificavano a vicenda: le donne bianche si identificano come protettrici della “razza”, dando valore solo alla loro maternità e il monopolio capitalista voleva mantenere il popolo nero ignorante in modo da poterli sfruttare.

 

Susan B. Anthony aveva sostenuto che il voto avrebbe portato alla vera emancipazione delle donne e che il sessismo in quanto tale era molto più oppressivo del razzismo e della disuguaglianza di classe.

La sua devota posizione femminista era però un riflesso della sua devozione all'ideologia borghese. Era probabilmente a causa di essa che Anthony non riuscì a rendersi conto che le lavoratrici, così come le Nere, erano profondamente legate ai propri uomini dallo sfruttamento di classe e dall'oppressione razzista, da non poter fare distinzioni di sesso.

Il vero nemico, il nemico comune, era il padrone, il capitalista, o chiunque fosse responsabile dei salari da fame, delle condizioni di lavoro estenuanti e delle discriminazioni razziste e sessiste sul lavoro.  

 

Le donne della classe lavoratrice rivendicavano il diritto di voto come arma supplementare per avanzare nella lotta di classe.

Questa nuova prospettiva nella campagna per il suffragio femminile fu la testimonianza dell'influenza crescente del movimento socialista.

Il Socialist Party (1900) sostenne la battaglia per l’uguaglianza delle donne e per molti anni fu l’unica organizzazione politica a portare avanti la difesa del suffragio femminile. 

 

STUPRO

Lo stupro nella visione suprematista maschile implica passività, acquiescenza e debolezza.

Secondo Davis, la struttura di classe del capitalismo incentiva gli uomini che esercitano il potere sul terreno politico ed economico a diventare agenti quotidiani dello sfruttamento sessuale.

La proliferazione della violenza sessuale è il volto brutale dell’intensificazione generalizzata del sessismo che necessariamente accompagna un'aggressione economica.

 

Data la complessità del contesto sociale in cui si verifica lo stupro, ogni tentativo di trattarlo come fenomeno isolato è destinato a naufragare. Un'effettiva strategia deve porsi un obiettivo più avanzato dello sradicamento dello stupro e persino del sessismo.

 

Seguendo uno schema stabilito dal razzismo, la subalternità delle donne rispecchia la situazione degradante dei lavoratori di colore e la crescente influenza del razzismo nel sistema giudiziario, scolastico e nelle politiche del governo, caratterizzate da un colpevole disinteresse verso la condizione della comunità Nera.

La lotta contro il razzismo deve essere una questione permanente nel movimento contro gli abusi, che deve difendere non soltanto le donne di colore ma anche le molte vittime della strumentalizzazione razzista dell'accusa di stupro.

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la denuncia per stupro ha colpito gli uomini Neri in maniera indiscriminata, colpevoli o innocenti che fossero come giustificazione all'ondata di violenza contro la loro comunità

Negli Stati Uniti e in altri paesi capitalisti le leggi sullo stupro, erano strutturate in origine a tutela degli uomini delle classi superiori, le cui figlie e mogli rischiavano di essere aggredite. Ma ciò che accadeva alle donne della working class non interessava ai tribunali, per questo un numero irrisorio di uomini bianchi ha subito un processo per violenza sessuale.

 

Le dimensioni critiche della violenza sessuale costituiscono un aspetto di una profonda e permanente crisi del capitalismo.

In quanto violenta faccia del sessismo, la minaccia continuerà ad esistere fino a quando l'oppressione delle donne farà da stampella al capitalismo.

Il movimento contro lo stupro e la sua importante attività dal sostegno psicologico e legale all'autodifesa e alle campagne educative deve collocarsi in un contesto strategico che punti alla sconfitta definitiva del capitalismo monopolistico.

 

SOCIALIZZAZIONE DEL LAVORO DOMESTICO

La sfida che proviene dall'espansione femminile della classe lavoratrice è rivendicare un sistema di servizi di assistenza all'infanzia, come diretta conseguenza del numero crescente di madri lavoratrici.

Probabilmente è proprio vero che «la schiavitù alla catena di montaggio» non significa di per sé «liberazione dal lavandino di cucina», ma la catena di montaggio è senza dubbio il più potente incentivo per le donne a lottare per l'eliminazione del loro storico asservimento domestico.

L'abolizione del lavoro domestico in quanto responsabilità individuale di ogni donna è un obiettivo strategico per la liberazione delle donne. Ma la socializzazione del lavoro domestico che deve comprendere la preparazione dei pasti e la cura dei bambini, presuppone la fine del regime del profitto economico.

I soli sforzi significativi verso la fine della schiavitù domestica sono stati compiuti dai paesi socialisti oggi esistenti. Le donne lavoratrici, dunque, hanno uno specifico e vitale interesse a lottare per il socialismo.

Sotto il capitalismo le campagne a favore di condizioni di lavoro egualitarie tra i generi, combinate con la rivendicazione di un servizio pubblico per l'infanzia, contengono un potenziale rivoluzionario esplosivo.

Questa strategia mette in discussione la validità del capitalismo monopolistico e traccia la strada verso il socialismo.

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