PEDAGOGIA - ALTRE PEDAGOGIE DEL PRIMO NOVECENTO

Nel corso del Novecento, alla concezione del bambino "naturalmente buono" degli attivisti si opponeva quella che li vedeva come soggetti connotati da complicati processi psichici e affettivi di Freud.

Anche la psicoanalisi si rifà a una concezione naturalistica ma dominata dall'irrazionalità.

Il bambino freudiano per diventare adulto ha davanti un percorso educativo controverso e denso di potenziali sofferenze.

Egli è infatti chiamato a trovare un equilibrio tra pulsioni e realtà.

infanzia come un groviglio contraddittorio di desideri, aggressività e traumi primari


Ciò si traduce sul piano educativo con importanti indicazioni:

- la sfera cognitiva è strettamente connessa alle funzioni emotive;

- il conscio è condizionato dall'inconscio;

- l'area del razionale risente dell'area dell'irrazionale.


Inizialmente, dunque il bambino è emozione ed affettività e solo in secondo piano anche ragione.

le esperienze infantili segneranno il modo di percepire la realtà 


Gli intrecci fra pedagogia e psicoanalisi si possono ricondurre a tre tipologie principali:

- esperienze pratiche di scuole di tipo antiautoritario;

- attenzione rivolta alla cura delle dinamiche emotivo-affettive, soprattutto quelle riguardanti la prima infanzia;

- riflessioni e proposte sulle doti degli educatori.


Con la diffusione della psicoanalisi si manifestò una grande fiducia nei suoi apporti ai fini educativi.

Si sviluppa una concezione secondo la quale una pedagogia non repressiva fosse l'unica soluzione per preservare l'equilibrio del bambino.

Furono perciò avviate alcune esperienze di scuole libertarie incentrate sulla convinzione che più il bambino viene lasciato libero, più felice sarà da adulto.


Tra queste scuole troviamo anche quella di Anna Freud, la Hampstead Nursery di Londra (1941) e la scuola di Summerhill, fondata in Inghilterra da Alexander S. Neill (1921).

Queste esperienze trassero dalla psicoanalisi i propri elementi caratterizzanti

- la libertà come introduzione all'autogoverno personale;

- un rapporto educativo segnato dall'importanza attribuita alla dimensione affettiva;

- la scomparsa di punizioni e regole imperative.

 

Siegfried Bernfeld, nel 1919, fondò a Vienna l'Istituto Baumgarten, che cercava nella sua pedagogia l'eliminazione di ogni tipo di autoritarismo.

In Sisifo ovvero i limiti dell'educazione (1925) egli scrive che queste esperienze furono più un segnale di protesta che un reale modello.


 

Gli apporti più significativi furono quelli sull'educazione e sulla conoscenza della prima infanzia.

Si inizia ad evidenziare il ruolo della comunicazione interpersonale senza rapporti verbali.

Oggi sappiamo che l'equilibrio del lattante dipende da un insieme di prestazioni affettive, la quale mancanza può produrre gravi danni.

il bambino ha bisogno di una relazione duratura


L'attenzione si sposta dunque dalla gestione per l'individuo delle pulsioni sessuali alla sicurezza psichica e fisica.

 

La psicoanalisi inoltre sottolinea l'importanza di un educatore che sappia stabilire una relazione intersoggettiva proficua e ricca di stimoli, senza nutrire aspettative eccessive.

Questa considerazione ha portato alla nascita di più iniziative e concetti, come quello di "madre sufficentemente buona", "genitore quasi perfetto" o di "genitori efficaci".

Carl Rogers in particolare si è dedicato al mondo scolastico avanzando la proposta del "docente facilitatore".

Questo tipo di docente predispone un clima favorevole all'apprendimento, si presenta flessibile e utilizzabile dal gruppo ed è attento alle manifestazioni dei bisogni di ciascuno.


In questo periodo si diffonde l'attenzione verso la relazione interpersonale, che porta l'insegnate ad essere visto come un sostegno più che un dirigente.

Si sono infatti sviluppate le pedagogie del dialogo e della parola.

Esse sono pedagogie sostenute più da argomenti filosofici riguardanti l'identità dell'"umano" che da riflessioni psicologiche.

Quest'ultimo visto cone bisognoso di relazioni che lo risveglino alla coscienza di se stesso, in quanto non completo da solo.

come viene suggerito già dalla nascita 


L'importanza educativa dell'incontro interpersonale fu riconosciuta nella seconda metà del Novecento da più studiosi.

Martin Buber (1878-1965), filosofo tedesco, evidenzia l'importanza del dialogo, crede infatti che l'uomo si realizzi solo mediante la relazione.

L'accettazione dell'alterità dell'alunno (descritta in Io e tu del 1923) è centrale nella sua pedagogia, ed è possibile soltanto nella relazione interpersonale.

Perciò egli è critico sia verso le pedagogie attivistiche, sia verso quelle funzionalistiche.

 

Buber delinea un "grande carattere", cioè quello capace di autonomia, responsabilità e decisione di fronte alle molteplici situazioni esistenziali.


Romano Guardini (1885-1968), uno dei pensatori più importanti del secolo scorso, sottolinea l'importanza dell'incontro.

Egli crede che l'uomo possieda dentro di sé la forza per non essere sopraffatto dalla violenza e invece aprirsi all'incontro e superare la tentazione di pensarsi autosufficiente.

"incontro" come esperienza attraverso la quale la persona "esce da se stessa"


L'incontro è fondamentale per raggiungere la piena realizzazione di sé.

La crescita umana è dunque un evento che si svolge sempre in stretto rapporto con una relazione.


Don Lorenzo Milani (1923-1967) centra la sua pedagogia sulla capitale di mediazione della parola tra l'Io e l'Altro.

È lo strumento col quale per vincere solitudine ed egoismo e per inserirsi in modo attivo nella realtà sociale.

In Lettera a una professoressa (1967), testo scritto con i suoi alunni nella scuola di Barbiana (un'iniziativa volta a promuovere il riscatto dei ceti popolari), evidenzia l'importanza di "dare la parola a chi non ce l'ha".


Carl Rogers indaga dal punto di vista pedagogico la forza educativa dell'empatia studiata da Edith Stein.

Essa permette la possibilità di coeducazione tra docente e allievo, scavalcando le barriere della banalità.


In generale, questi studiosi sottolineano il ruolo della parola nel processo relazionale e presentano quindi una terza alternativa tra le pedagogie incentrate o sulla sola libertà o sulla sola autorità.


A partire dagli anni Ottanta si sono sviluppate tesi che richiamano la forza educativa della "cura" che si intrecciano con le pedagogie dialogiche.

A partire da Martin Heidegger, che vedeva la cura come la condizione prima dell'esistenza, molti studiosi ne valorizzano l'universalità. 

Al centro del valore pedagogico di essa c'è il nesso tra la relazione educativa e la sua forza umanizzatrice.

La cura può essere interpretata come:

- "avere cura", cioè agire attivamente verso qualcuno o qualcosa;

- "prendersi cura", cioè le pratiche con le quali si stabiliscono relazioni significative con gli altri, prime tra le quali c'è l'attenzione.


Modelli diversi dalle tradizioni occidentali sono quelli di Asia, Africa, America Latina e nell'area dell'Oceano Pacifico.

Il principale elemento unificante è rappresentato però dalla preoccupazione di far crescere i bambini in modo che siano accettati dalla comunità nella quale vivono.

nuove soluzioni pedagogiche


La cultura dei Paesi subsahariani e dell'Africa centrale si basa sull'idea educativa che su manifesta secondo ritmi graduali e naturali.

L'inserimento si svolge attraverso un processo comunitario, in cui hanno ruolo importante le figure femminili e la vita familiare.

L'educazione è vista come un sapere concreto e vitale che unisce conoscenze teoriche e pratiche.

non esiste separazione tra vita e morte


Nelle culture asiatiche l'educazione è finalizzata al rispetto dell'equilibrio e dell'armonia del reale. 

L'educazione viene immaginata come un'azione di risveglio, aiutata dall'educatore che mette in funzione le facoltà razionali.


Nella tradizione musulmana sono intrecciate le nozioni di famiglia, educazione e fede religiosa.

Si presta più attenzione al prendersi cura dei figli e alla trasmissione dei modelli di comportamento indicati nel Corano.


Nelle società multiculturali convivono dunque molteplici modelli educativi.

Questi attraverso i processi di secolarizzazione, consumismo, globalizzazione si stanno "occidentalizzando", creando situazioni di conflitto tra genitori e figli.

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