PEDAGOGIA - LA REAZIONE ANTIPOSITIVISTICA

Nel corso del Novecento si svilupparono anche reazioni antipositivistiche, critiche nei confronti delle tendenze attivistiche della pedagogia nuova.

Questa reazione seguì tre principali direttive:

- filosofica, si ispirava a ideali umanistici (come espressione di un "superamento di sé", non solamente dello sviluppo biopsicologico) e aveva una visione spirituale dell'essere umano (neoidealismo, personalismo);

- politica, seguiva le teorie marxiste per formare l'"uomo nuovo";

- psicoanalitica, cercava un equilibrio tra autorità e libertà.

Concordavano sul rifiutare di riconoscere che i fini educativi fossero tutti intrinseci nel processo evolutivo stesso. 


Giovanni Gentile (1875-1944) fu l'esponente più significativo della reazione neoidealista in Italia. 

Nel 1920 fondò il "Giornale Critico della Filosofia Italiana" e due anni dopo fu eletto ministro della Pubblica Istruzione, e nel 1923 promulgò la riforma scolastica che prende il suo nome. 

Essa riordinò la scuola italiana come una piramide a base molto larga (la scuola elementare) fino al liceo classico al vertice.

Era ispirata a un severo principio meritocratico, basata su un rigoroso sistema di esami.

 

Questo principio selettivo celava una discriminazione sociale: le famiglie più ricche potevano investire nella carriera scolastica dei figli più di quanto accadeva a quelle povere.

Fu un esponente fascista, egli interpretava il movimento come il compimento del Risorgimento nazionale. Mussolini definì la Riforma Gentile "la più fascista delle riforme".


In Il concetto scientifico della pedagogia (1901) Gentile critica la pedagogia come scienza sperimentale e come esercizio pratico fondato sui dati della psicologia.

Egli credeva invece alla pedagogia come "scienza della formazione dello spirito" e cioè sapere filosofico.

Nei volumi del Sommario di pedagogia come scienza filosofica espone la sua idea di scuola e di didattica: la prima è il luogo dove si compiono processi di crescita spirituale, la seconda è descritta come una continua costruzione del sapere.

L'obbiettivo è quello di evidenziare la necessità di una fusione spirituale tra maestro e discepolo, per superare le possibili antinomie (es. autorità-libertá) dell'educazione. 

Crede nell'importanza per il maestro di entrare in sintonia con i discepoli ("maestro speculativo").

All'interno di La riforma dell'educazione Gentile sottolinea la funzione "nazionale" della scuola, esaltandone la dimensione etica. 

La scuola è presentata come il passaggio dall'"io" al "noi", base della nazione, che è autocoscienza, cioè "vita universale".

Egli prospetta la sua visione dell'infanzia nei termini di un fanciullo "artista e sognatore", che la pedagogia deve portare all'autoregolazione.

 

La sua idea di educazione coincide con la sua filosofia basata sul superamento del dualismo realtà-spirito, che trova soluzione nell'atto puro ("l'assoluta attività di pensare").

Vale anche in pedagogia la distinzione tra concetto (esito proprio della riflessione filosofica) e pseudoconcetto (specifico dell'indagine empirica) che nega il valore della scienza se separata dalla filosofia.

 

Al contrario di Claparède e Montessori, per Gentile il soggetto che cresce viene descritto romanticamente come espressione dell'umanità nel suo stadio iniziale

Al contrario di Dewey, egli concepisce lo Stato etico come espressione di una volontà superiore, per la quale le libertà dei singoli si annullano.

il bambino è da disciplinare per essere introdotto nella nazione


Con Gentile si può parlare di un positivismo rovesciato, perché la conoscenza filosofica presume l'autosufficienza come la scienza nel positivismo pretende di spiegare ogni evento.

Alla convinzione che il percorso educativo sia un'esperienza soprattutto spirituale corrisponde la proposta di un corso di studi incentrato sulle scienze umanistiche.


Gentile assegnò un'attenzione speciale al diretto contatto con i classici, in quanto capaci di esprimere temi universali propri dell'umanità, anche a secoli di distanza.

Obiettivo dell'opera educativa è così l'autocoscienza, cioè la capacità di cogliere il senso della realtà e del nostro io e di esprimere un giudio critico.

L'essere umano libero e morale è colui che è capace di "agire politicamente", destinato a diventare parte della classe dirigente. Per loro viene designato un secondo percorso formativo, precluso alla massa.

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