PEDAGOGIA - COME FORMARE GLI ITALIANI NELL'ITALIA UNITA

Le opere dedicate all'infanzia si incrociarono in Italia con la formazione dello Stato unitario.

Durante questo periodo i ceti contadini percepivano l'obbligo scolastico come un'oppressione e il ceto dirigente da un lato percepiva l'importanza di una società alfabetizzata, dall'altro temeva che che essa potesse sconvolgere gli equilibri sociali.

Vincenzo Cuoco (1770-1823), scrittore italiano, è stato il primo a sottolineare il rapporto tra il problema nazionale e la diffusione della scuola in diretta continuità con la precedente esperienza riformatrice illuminista, in particolare con le tesi di Filangieri. 

Secondo Cuoco, non ci possono essere ordine sociale e comunanza di sentimenti civici se non si provvede a creare un sistema educativo aperto al popolo mediante una scuola frequentata anche dai ceti inferiori.

superare il pregiudizio secondo cui il popolo è "nato per servire"

 

Cuoco pensava a una doppia organizzazione scolastica, in quanto ogni ceto aveva bisogni e aspettative diverse. Perciò i suoi meriti sono stati prospettare soluzioni concrete e coerenti col suo tempo.


Giuseppe Mazzini (1805-1872), riprese alcuni aspetti del progetto educativo di Cuoco, concordando in particolare nel ritenere il problema del rinnovamento politico dell'Italia una questione essenzialmente etica ed educativa: senza la formazione di un popolo educato sarebbe stato impossibile pensare al "risorgimento" dell'Italia.

Condivideva quindi l'ispirazione circa la necessità dell'educazione popolare.

Il fine dell'educazione era individuato nella presa di coscienza delle nuove esigenze poste dalla storia e nel riconoscimento della tradizione nazionale, in funzione del progresso morale, sociale e culturale di tutto il popolo.

Come scrive in Doveri del popolo, l'educazione del popolo veniva associata strettamente all'impegno militante e finalizzato alla preparazione politica e alla partecipazione democratica di tutti gli individui alla vita nazionale.

I "doveri" di cui parla Mazzini derivavano dal rispetto dei principi su cui si basava la tradizione nazionale che andava trasmessa alle giovani generazioni attraverso l'educazione.

culto religioso della nazione

 

L'istruzione pubblica era, quindi, concepita come uno dei compiti essenziali dello Stato ed essa includeva teorie e modelli unici, in modo che non minassero l'unita morale e politica della nazione.

 

Alla presenza della cultura educativa laica, nei decenni precedenti all'unificazione dell'Italia, si affiancarono i pedagogisti di formazione cattolico-liberale. Essi volevano arrivare alla conciliazione tra la fede religiosa e il liberalismo politico.

 

Antonio Rosmini (1797-1855) è stato la personalità di maggior spicco tra i cattolici. Secondo lui, tutta la storia della filosofia moderna, da Locke a Kant, è storia di una chiusura della ragione nei confini del sensibile.

Si sforzò di elaborare un sistema di pensiero alternativo volto a superare sia il relativismo sia il soggettivismo.

Voleva salvaguardare una concezione della modernità che mantenesse la dimensione trascendentale dell'antropologia cristiana.

 

Il concetto di persona costituiva il fulcro della sua filosofia: contro il naturalismo e l'idealismo Rosmini affermò una visione spiritualistica della persona in cui l'uomo, a immagine di Dio, emerge come un valore intrinseco.

L'uomo viene concepito come il principio unitario di intelligenza, sentimento e volontà, costituito nella potenziale totalità del suo essere dalla capacità di intendere e di volere.

Nel perfezionamento della volontà, si perfeziona tutto l'uomo: educandolo sul piano morale, lo si educa in prospettiva integrale

la morale religiosa raccoglie in sé il vero e assoluto bene dell'uomo


La pedagogia è chiamata a stabilire una gerarchia dei beni e dell'ordine (subordinazione delle parti) che li tiene in relazione. Il suo scopo è anche il principio di unità (relazione delle parti con il tutto e viceversa).

La centralità assegnata alla persona implicava che la Chiesa non potesse più essere posta al servizio del potere, ma occorreva che si configurassero come missione e servizio all'umanità.

L'educazione diventava così un diritto inalienabile in quanto si radicava nella dignità e doveva essere garantita tra il popolo in nome dell'uguaglianza sostanziale delle persone.

La mente umana non veniva concepita come una tabula rasa e gli insegnamenti dovevano tenere conto delle esperienze pregresse. Per questo Rosmini enunciò il principio della gradazione che cercava di trovare un metodo universale per incrementare e facilitare i processi di scolarizzazione dei ceti popolari.


Alla tradizione del cattolicesimo liberale sono riconducibili altre esperienze, in specie quelle piemontesi e quelle realizzate in Toscana.

Vari studiosi, influenzati dalla pedagogia rosminiana, operarono a Torino tra il 1840 e il 1850. A loro si deve l'avvio del processo di modernizzazione del sistema del Regno di Sardegna, poi destinato a tradursi, dopo il 1861, nel sistema scolastico italiano.

Realizzarono un progetto nel quale riconducevano l'organizzazione scolastica sotto il controllo dello Stato. L'intervento dello Stato era visto come garanzia affinché l'educazione della persona fosse riconosciuta come diritto.  

Il piano di rinnovamento scolastico, insieme alla predisposizione di un piano per la preparazione dei maestri, fu completato con l'avvio di un'editoria scolastica, che sosteneva l'attività educativa anche con appositi sussidi didattici.

Le esperienze maturate in Piemonte tra il 1848  eil 1859 ("decennio cavouriano") furono la base della legge Casati (1859), che costituì il fondamento giuridico della scuola italiana fino al 1923 con la Riforma Gentile.


Giovanni Bosco (1815-1888), nel 1846, a Torino, aprì un oratorio per i giovani come luogo di educazione e avviamento al lavoro, primo tassello della Società salesiana sorta nel 1859.

I principi fondamentali intorno a cui agirono i salesiani furono:

- prendersi cura dei giovani;

- il "sistema preventivo", che prevedeva che i maestri fossero in grado di entrare in sintonia con i ragazzi, in modo da promuovere lo studio;

- la valorizzazione del tempo libero, per renderlo educativo attraverso varie iniziative.

 

L'altro importante laboratorio di riflessione pedagogica preunitaria prese forma, dagli anni Venti e Trenta in Toscana.

Raffaello Lambruschini (1788-1873), la figura di maggior spicco del gruppo toscano, diede vita nel 1829 a un istituto scolastico per figli di buona famiglia e si dedicò all'educazione dei contadini.

A lui si deve anche la fondazione del primo giornale pedagogico italiano: La guida dell'educatore (1836-1845). In esso amplia la pedagogia italiana verso la pedagogia elvetica, quella tedesca e anglosassone.

Lambruschini centrò la sua pedagogia sulla coltivazione della libertà personale, esaltando il rispetto di essa contro consuetudini correnti che puntavano soprattutto sulla forza dell'autorità.

 

Secondo lui, l'educazione rischiava di oscillare tra un eccesso di autorità e il principio della libera natura (Rousseau). Si può uscire da questa situazione se il maestro comprende che il suo compito non è mettere "il bene nell'anima altrui", ma aiutare a scoprirlo (maieutica).

cooperazione tra l'educatore e il soggetto che cresce


Lambruschini sottolineò l'importanza delle qualità personali dell'educatore, la quale esperienza veniva confrontata con l'autonomia spirituale dell'alunno.

Sul piano religioso si traduceva nell'intento di far crescere il senso di Dio nella coscienza personale piuttosto che far discendere l'autorità divina attraverso la ritualità religiosa.


A fine secolo lo scenario educativo si arricchì anche degli apporti dei primi ambienti socialisti e di alcuni esponenti dell'anarchia.

L'accostamento tra cultura e prospettiva rivoluzionaria costituì uno dei pilastri dell'iniziativa dei socialisti sia massimalisti sia riformisti.

In generale, miravano a sviluppare nell'individuo, mediante la formazione di forti sentimenti altruistici, una coscienza fondata sulla solidarietà, allo scopo di creare una società ispirata ai valori marxisti.

Sul piano scolastico le richieste e azioni attuate principali per l'istruzione dei ceti popolari furono:

- difesero l'utilità degli asili infantili come sostegno assistenziale per le madri lavoratrici;

- chiesero il sostegno della frequenza della scuola elementare con concrete iniziative;

- sostennero le rivendicazioni economiche e professionali dei maestri;

- rivendicarono una scuola antagonista verso la religione.

 

Per gli adulti aprirono scuole centrate sulla conoscenza dei testi fondamentali per l'azione politico-rivoluzionaria.

Nel 1893 sorse la Società Umanitaria di Milano, il quale obbiettivo era operare mediante istruzione e lavoro per sconfiggere ignoranza e povertà. Operò in varie direzioni: contro la disoccupazione, nell'assistenza agli emigranti e nel campo della cultura popolare.

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